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I rapporti economici tra Italia e Russia: cronaca del seminario

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Sabato 6 novembre, presso la Sala Conferenze della Circoscrizione Centro Storico di Modena, si è svolta la conferenza “I rapporti economici-culturali tra Italia e Russia”. L’evento rientra nel ciclo 2010-2011 dei Seminari della rivista di studi geopolitici “Eurasia”. Iniziativa straordinaria nel desolante panorama culturale-politico locale e nazionale, che ha visto un alta partecipazione della cittadinanza, grazie all’elevato livello di dibattito garantito da relatori di prim’ordine quali: Aleksej Paramonov (Console Generale della Federazione Russa a Milano), Tiberio Graziani (direttore della rivista Eurasia), Giampaolo Caselli (economista, Università degli Studi di Modena), Stefano Grazioli (giornalista, autore di “Gazpromnation” e “Vladimir Putin. La Russia e il nuovo ordine mondiale”).

Nell’introduzione iniziale, il direttore di “Eurasia”, ricordando che il 2011 sarà “Anno della Cultura e della Lingua italiana in Russia” e della “Cultura e Lingua russa in Italia”, ha sottolineato l’importanza di una maggiore sinergia nei rapporti tra i due Paesi, in ogni campo, a partire da quello energetico, che garantirebbe a Roma maggiore autonomia e sovranità dagli Stati Uniti. Il recuperato peso economico e politico della Federazione Russa, della Cina e dell’India, costituisce per l’Italia e per l’U.e. l’opportunità di fuoriuscita dal Patto Atlantico e più in generale dall’area di influenza statunitense in Europa. Tutto ciò nonostante la perenne disinformazione dei mass media nazionali e le pressioni esercitate dalle lobby legate ad interessi statunitensi.

L’intervento del Dr. Paramonov si è concentrato sul legame storico e attuale tra Roma e Mosca. Un rapporto profondo che da più di cinque secoli, a partire dal Concilio di Firenze (1439) che tentò di ristabilire l’unità tra la Chiesa latina e quella orientale-ortodossa, ha toccato ogni ramo della vita pubblica. Il famoso Concilio consentirà a entrambi i paesi di avviare un processo di reciproca conoscenza che inizialmente si limiterà ad una serie di contatti e collaborazioni in ambito culturale e soprattutto architettonico, e che porterà a Mosca il famoso ingegnere e architetto bolognese Aristotele Fioravanti, artefice di uno dei più importanti edifici del Cremlino, la Cattedrale dell’Assunzione, e del progetto di ricostruzione delle mura e delle torri. Contatti diplomatici tra l’Impero Russo e gli stati italiani pre-unitari s’intensificheranno per volontà dello Zar Pietro il Grande, che consentirà l’apertura del secondo Ufficio consolare russo nel mondo proprio a Venezia. Accordi commerciali con il Regno d’Italia vengono conclusi sia nel periodo antecedente che dopo l’instaurazione del Regime politico fascista. Rapporti interrotti solo dal secondo conflitto mondiale e che verranno riattivati nel dopo guerra e che porteranno ai primi accordi per le forniture di gas dall’Unione Sovietica nel 1969 e alla nascita della “cittadella dell’automobile” a Togliattigrad, grazie all’intesa tra la Fiat e lo Stato socialista. Conclusa l’esperienza sovietica l’Italia riconoscerà la Federazione Russa quale soggetto di diritto internazionale e successore legale dell’URSS, aprendo una nuova fase di rapporti tra i due paesi. Tappa importante sarà il Trattato di Amicizia e Cooperazione nel 1994 che porta la firma del Presidente Eltsin e di Berlusconi. Nuove relazioni che, con l’insediamento al Cremlino di Vladimir Putin (1999) e di Dmitrij Medvedev (2008), diventeranno sempre più intense e proficue. Attualmente vi è regolarità di consultazioni intergovernative (nel 2002 è attivata una linea di comunicazione diretta tra Palazzo Chigi e il Cremlino) e la sintonia raggiunta tra i governi ha portato alla firma di importati accordi, soprattutto in ambito di sicurezza energetica. La partecipazione dell’Ente Nazionale Idrocarburi (ENI) alla joint-venture con Gazprom, per la costruzione del Gasdotto “Blue Stream” che collega Russia e Turchia attraverso il Mar Nero, attraverso Saipem e Snamprogetti (due società del Gruppo Eni) al “North Stream” che trasporterà gas in Germania attraverso il Mare del Nord (superando l’ostacolo Polonia), alla futura realizzazione del “South Stream” che connetterà Ue e Federazione Russa sempre attraverso il Mar Nero, il costante aumento dell’interscambio commerciale tra i nostri paesi testimonia la volontà del Cremlino di utilizzare l’industria energetica quale settore strategico per la politica di modernizzazione e di costruzione di infrastrutture interne, che garantirebbe ai paesi dell’Unione Europea di consumare il gas russo e alla Federazione Russa di disporre delle competenze e degli investimenti europeo-occidentali. Una Partnership basata su interessi economici reciproci, che può stimolare lo sviluppo dell’economia dei paesi occidentali, in una prospettiva di integrazione europea. Tra le priorità del governo russo occupa sempre maggior spazio la ricerca scientifica necessaria per sviluppare nuove tecnologie e porre le basi di un futuro in cui non si potrà fare affidamento sulla sola leva energetica. La costruzione del centro di Skolkovo, soprannominato “Silicon Valley russa”, è solo una parte su cui verteranno i finanziamenti statali destinati alle nuove tendenze in ecologia, risparmio energetico, logistica, infrastrutture e servizi comunali.

Nell’ultimo capolavoro di Grazioli “Gazpromnation”, il tema dell’industria energetica quale pilastro della politica internazionale e le nuove sfide lanciate agli Stati Uniti nello scacchiere geopolitico internazionale e soprattutto nell’Asia centrale, sono affrontati senza alcun pregiudizio di carattere politico o culturale, e fanno del volume un’eccezione rispetto alla demonizzazione della Russia e nello specifico del Presidente Putin, riscontrata in diversi libri e autori legati a interessi economici diametralmente opposti a quelli di paesi come la Germania (5000 imprese tedesche lavorano in Russia) all’Italia e alla stessa Federazione Russa.

Temi ripresi anche dal Professor Caselli, il quale ha sintetizzato gli aspetti positivi e le carenze del processo di ricomposizione della statualità russa e della sue aspirazioni a potenza globale.

La crisi del sistema economico russo nel 1998 (su cui pesano le responsabilità del Fondo Monetario Internazionale) ha posto fine all’era Eltsin ed ha evidenziato il fallimento della transizione ad un’economia di mercato, in realtà governata da oligarchi senza scrupoli, che hanno costruito la loro ricchezza sulla svendita e il saccheggio del patrimonio pubblico (ex) sovietico. Nel momento in cui era in pericolo persino l’integrità nazionale, la classe dirigente russa cosciente di non poter restaurare l’URSS, ma consapevole degli interessi economici e delle direttrici geopolitiche tradizionali, “prende in mano il paese e lo salva”. Putin e i cosiddetti Siloviki (uomini provenienti dai servizi di sicurezza o dell’apparato militare) hanno avviato le riforme necessarie per risollevare l’economia e il prestigio internazionale. Ciò ha significato intervento dello Stato per il controllo delle aziende strategiche ed estromissione degli oligarchi dalle istituzioni, ma non basta. E’ ancora necessario ridurre le disparità sociali prodotte da una redistribuzione del reddito diseguale, un’ulteriore accelerazione nella diminuzione del calo demografico e, come già detto, orientare gli investimenti in settori e tecniche necessarie per non essere una petrol-economia. Tutte misure, in realtà, adottate dal governo, ma che richiedono il tempo necessario per l’applicazione e la verifica.




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