La rivista italiana di studi geopolitici “Eurasia” dedica il suo ventesimo volume all’imminente anniversario dell’unità d’Italia, con un numero (2/2010) intitolato “Italia: 150 anni di una piccola grande potenza“. Quasi trecento pagine per affrontare il tema dalla prospettiva più consona a “Eurasia”, cioè quella geopolitica.
Il direttore Tiberio Graziani, nel suo editoriale, s’interroga sulla “Geopolitica nell’Italia repubblicana” o, meglio, sulla sua assenza, ch’egli imputa non solo alla scarsa cultura geopolitica delle classi dirigenti italiane, ma anche alla profonda crisi dell’identità nazionale ed alla limitazione della sovranità determinata dall’inserimento nella sfera egemonica degli USA. I recenti sviluppi internazionali aprono però inedite possibilità all’Italia, a patto che essa sappia riconoscere i due nuovi punti di riferimento della sua politica estera: la Russia, grazie a cui sganciarsi dalla sfera d’influenza nordamericana, e la Turchia, con cui rilanciare una politica mediterranea e vicino-orientale.
Proprio a “Italia e Turchia negli anni di Erdogan” è dedicata una breve nota di Aldo Braccio (“Eurasia”). I due paesi hanno intensificato i propri rapporti economici e diplomatici, e Berlusconi si è dimostrato uno dei maggiori patroni dell’ipotetico ingresso della Turchia nell’UE. Un ulteriore salto di qualità nel rapporto tra i due paesi sarà però impossibile finché Roma manterrà una linea rigidamente atlantista e filo-israeliana, distanziandosi così dai nuovi orientamenti geopolitici di Ankara.
Due sono invece i contributi che trattano dei rapporti tra Italia e Russia, realizzati rispettivamente da un autore russo e da uno italiano.
Il russo è Vagif Gusejnov (“Vestnik Analitiki”, ISOA), che si esprime “Sulla cooperazione tra Russia e Italia” concentrandosi particolarmente sugli ultimi anni, testimoni di progressi sotto tutti i punti di vista. Contrariamente a quanto si crede, ciò non è stato reso possibile solo dai buoni rapporti personali tra Berlusconi e Putin, ma principalmente della comprensione, da parte di tutti gli attori politici dei due paesi, dei vantaggi reciproci ottenibili dalla cooperazione. L’Italia si è fatta apprezzare per la sua posizione conciliante, malgrado le pressioni provenienti dagli USA e dall’UE, e per il favore con cui ha accolto la proposta russa d’un trattato di sicurezza collettiva in Europa. Rilevanti poi i rapporti economici e, soprattutto, energetici. Ma l’ottimismo verso il futuro è frutto soprattutto di quell’intesa spirituale che sembra attrarre Russi e Italiani gli uni verso gli altri.
Il contributo di fonte italiana è invece di Daniele Scalea (“Eurasia”) e reca l’eloquente titolo di “L’importanza della Russia per l’Italia”. L’articolo di Scalea è davvero complementare a quello di Gusejnov, perché inquadra i rapporti tra i due paesi in un’ottica storica e dal punto di vista italiano. La distanza geografica, le vicende storiche e gli orientamenti geopolitici per secoli hanno separato i due paesi, ma ormai da cent’anni Mosca ha assunto una grossa importanza per la politica estera italiana. Quest’ultima si basa tradizionalmente su un sistema di pesi e contrappesi, di alleati e di “amici” che servono a limitarne l’invadenza. Oggi solamente la Russia può essere per l’Italia quel “amico” necessario a frenare lo strapotere degli USA nel loro rapporto d’alleanza ineguale con Roma. Inoltre, l’Italia più d’ogni altra potenza europea è dipendente dalla Russia per il suo approvvigionamento energetico, ragione in più per cui i dirigenti italiani debbono fare di Mosca uno dei principali punti di riferimento della loro politica estera.
La storia de “La politica estera italiana” è ripercorsa sinteticamente ma con precisione da uno dei suoi maggiori studiosi, Alfredo Canavero (Università degli Studi di Milano). Secondo il professor Canavero il problema storico della politica estera italiana è il contrasto tra la volontà di protagonismo e la debolezza materiale, che ha condotto spesso a disillusioni o persino catastrofi. I risultati migliori si sono ottenuti nel campo dell’integrazione europea, dove l’Italia può ancora giocare un ruolo importante.
Pietro Longo (Università l’Orientale di Napoli) approfondisce “La politica estera italiana nel Vicino Oriente”. Così come le alleanze europee, ed in epoca più recente la NATO e l’UE, sono servite a garantirsi la sicurezza sul confine alpino, i rapporti coi paesi mediterranei sono stati essenziali per assicurare la lunga linea costiera. Tuttavia, l’Italia non ha saputo sviluppare un coerente “mediterraneismo” – cercando invece di sfruttare anche nel Mediterraneo i più compiuti “atlantismo” ed “europeismo”, ma risultando così legate a strategie etero-dirette. Questa è una grave pecca per un paese che affonda le proprie radici nel Mediterraneo, e vi è fisicamente immerso.
Côme Carpentier de Gourdon (“World Affairs”, EuroAsia Institute), allontandosi dalle regioni europea e mediterranea, tratta de “L’Italia e l’India tra mito e storia”. L’autore franco-indiano individua numerose analogie geografiche e storiche tra i due paesi. L’avvincente tragitto dell’articolo si conclude in un evento emblematico: il ruolo di primo piano raggiunto da un’italiana, Sonia Gandhi, nella classe dirigente indiana.
Molto spazio è dato alla questione linguistica. Aldo Braccio (“Eurasia”) giustifica la necessità di “Difendere la lingua italiana” leggendo in un’ottica geopolitica l’affermazione globale della lingua inglese. Il tema è esaminato nel dettaglio da Claudio Mutti (“Eurasia”) con “Il veicolo linguistico del dominio statunitense”, dov’è tracciata una storia della lingua italiana e dell’influenza cui è sottoposta da parte dell’inglese. Sullo stato attuale e le prospettive future della lingua italiana si pronuncia in un’intervista Giovanni Adamo (CNR).
Alessandra Colla (“Eurasia”) affronta un problema annoso dell’Italia: quello dei rapporti tra “Chiesa e Stato”. L’Italia si trova ad avere al proprio interno un piccolo Stato, il Vaticano, che dispone però d’una fitta rete d’influenza e potere su tutto il territorio nazionale italiano.
Pessimistica la valutazione di Fabrizio Di Ernesto (saggista), secondo cui a centocinquant’anni dalla proclamazione dell’Unità gl’Italiani sarebbero “Più divisi di prima”. L’Italia è sempre stata deficitaria in termini d’identità nazionale, ed oggi essa è sottoposta all’attacco dell’atomizzante ideologia neoliberale.
Luca Donadei (saggista) descrive “La debolezza strategica italiana”, la quale dipende precipuamente dalla conformazione geografica del paese: un po’ continentale ed un po’ marittimo (e dunque costretto a difendersi su ambo i lati), percorso da catene montuose che ostacolano le comunicazioni interne. Oggi l’Italia si presenta protetta in una “teca di cristallo” composta da alleanze e relazioni diplomatiche, apparentemente sicura ma che, qualora tali rapporti si deteriorassero (soprattutto quello con gli USA), lascerebbe il paese esposto in tutta la sua crescente vulnerabilità.
Un tema molto dibattuto in Italia e molti altri paesi è quello della concorrenza commerciale cinese: ne parla Caterina Ghiselli (“Strategic Advice”) nel suo “Il made in China sfida il made in Italy”.
Dario Giardi (saggista) tratta della “Geopolitica dell’energia: l’Italia nello scacchiere euro-mediterraneo”. Secondo Giardi la politica energetica è divenuta il fulcro della politica estera degli Stati, ed in particolare la Russia sta impiegandola per scalare la gerarchia delle potenze. L’Europa dovrebbe agire unitariamente ed in collaborazione con gli USA per diversificare ed assicurare le proprie fonti energetiche, ma evitare politiche anti-russe, anti-iraniane o anti-cinesi. L’Italia è assai vulnerabile perché il suo “mix energetico” è particolarmente caro e sbilanciato. Le priorità dovrebbero essere: coniugare nuovi gasdotti e rigassificatori per diventare un hub energetico europeo; dedicarsi all’efficienza ed al risparmio energetico; riadottare il nucleare; potenziare il solare; diversificare le fonti d’energia.
“Ahi serva Italia…” è il titolo dell’articolo con cui, riecheggiando Dante, Giancarlo La Grassa (economista) lamenta il deplorevole stato dell”Italia, da vent’anni priva d’una politica. Roma dovrebbe puntare decisamente sull’avanzante multipolarismo, difendere quel che resta delle sue industrie strategiche dalle brame straniere, sgonfiare l’ipertrofico apparato dell’amministrazione pubblica. Ciò sarà possibile solo vincendo la resistenza di quel blocco sociale parassitario che vive sulla spesa pubblica improduttiva, e cercando invece di mobilitare a favore della svolta i ceti produttivi, in particolare il lavoro autonomo.
Alessandro Lattanzio (“Eurasia”) descrive la “Italia atomica” e la storia dei programmi sia militari sia civili.
Fabio Mini (generale in ausiliaria) critica la “Voglia di SpA” recentemente impadronitasi dell’Italia: il Governo ha costituito una serie di SpA (Banca del Sud, Protezione Civile, Difesa Servizi) per permettere ai Ministeri di eludere le procedure ed i controlli statali.
Costanzo Preve (filosofo) tratta de “Il comunismo italiano nella seconda metà del ’900″, da Gramsci all’anti-berlusconismo.
Esterni al dossario sull’Italia sono alcuni articoli: Fabio Falchi sul “Homo Europaeus”, Claudio Mutti su “Henry Corbin: l’Eurasia come concetto spirituale”, Alì Nakbar Naseri su“L’Iran e la pace nel mondo” (testo dell’intervento dell’ambasciatore iraniano all’omonima conferenza organizzata da “Eurasia” a Roma), Maria Rosa Comunale su “Il caso Lettonia”, Augusto Marsigliante su “I rapporti sino-africani”.
Il volume è concluso da alcune interviste: oltre al già ricordato Adamo, a Roberto Albicini (giornalista), Gianluigi Angelantoni (industriale), Giovanni Armillotta (“Africana”), Sergej Baburin (Duma, Federazione Russa), Pietrangelo Buttafuoco (giornalista e scrittore), Tarun Das (confederazione industriali indiani), Paolo Guerrieri (IAI, Università La Sapienza di Roma), Luciano Maiani (CNR), Sergio Romano (“Corriere della Sera”) e David Sanakoev (Ossezia del Sud, ufficio presidenziale).